Quando nel 1995 - scrive Rita Marker[1] – il Territorio del Nord Australia legalizza sia il suicidio assistito che l’eutanasia, approvando il “Rights of the Terminally Ill Act” (“Legge per i Diritti dei Malati Terminali”), diventa la sola giurisdizione al mondo ad aver legalizzato entrambe le pratiche. Tuttavia, la norma entrata in vigore nel luglio 1996, rimane operante per soli otto mesi, poiché il 25 marzo 1997 viene abrogata dal Parlamento Nazionale (Commonwealth), sulla base del potere che ha di rivedere e annullare una legge del Governo Territoriale, che si dimostri in conflitto con le posizioni nazionali.
L’avvocato Rita L. Marker - autrice del famoso libro “Deadly Compassion” (“Compassione Mortale”) e Direttore Esecutivo del Patients Rights Council (Ohio, USA) – ripercorre[1] i passi fatti dalle lobby americane per la legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito le quali, dopo molti anni, molte mutazioni, e molto denaro speso, sono riuscite a portare a casa il magro risultato dell’introduzione del suicidio assistito in soli due Stati USA su cinquanta. Tutto inizia il 17 gennaio 1938, quando il New York Times riporta la notizia della nascita dell’“Euthanasia Society of America”, comunicando che, entro un anno, la Società sarebbe stata in grado di presentare una proposta per legalizzare “la soppressione indolore della vita umana con lo scopo di evitare inutili sofferenze”. Inizialmente le misure sarebbero state circoscritte all’eutanasia “volontaria”, ma la Società “confidava alla fine di legalizzare anche la messa a morte dei non-volontari grazie all’aiuto della scienza medica”, come precisato dal suo presidente Dottor Foster Kennedy che spingeva per “rendere legale l’eutanasia soprattutto per i nati difettosi destinati a rimanere tali, piuttosto che per le persone normali divenute miserevoli a causa di malattie incurabili”. I componenti della “Società Americana per l’Eutanasia” – scrive la Marker – avevano l’obiettivo dichiarato di diffondere informazioni alla popolazione, mediante tutti i mezzi leciti disponibili, circa la natura, il fine e l’esigenza dell’eutanasia, e di promuoverne l’adozione a livello mondiale. Il grande burrone Un uomo sempre scontento di sé e degli altri continuava a brontolare con Dio perché diceva: “Ma chi l’ha detto che ognuno deve portare la sua croce? Possibile che non esista un mezzo per evitarla? Sono veramente stufo dei miei pesi quotidiani!”. Il Buon Dio gli rispose con un sogno. Vide che la vita degli uomini sulla Terra era una sterminata processione. Ognuno camminava con la sua croce sulle spalle. Lentamente, ma inesorabilmente, un passo dopo l’altro. Anche lui era nell’interminabile corteo e avanzava a fatica con la sua croce personale. Dopo un po’ si accorse che la sua croce era troppo lunga: per questo faceva tanta fatica ad avanzare. “Sarebbe sufficiente accorciarla un po’ e tribolerei molto meno”, si disse. Si sedette su un paracarro e, con un taglio deciso, accorciò d’un bel pezzo la sua croce. Quando ripartì si accorse che ora poteva camminare molto più spedito e leggero. E senza tanta fatica giunse a quella che sembrava la meta della processione degli uomini. Droga. A proposito di: “Creare un mercato legale per sottrarre mercato e guadagni alla criminalità”6/8/2013
Un altro slogan ripetuto con insistenza dagli antiproibizionisti è quello secondo cui la droga libera consentirebbe di sottrarre mercato e introiti alla criminalità organizzata, rendendola così più debole, meno capace di corrompere apparati dello Stato, e meno in grado di infiltrarsi nell’economia legale.
Scrive[1] Roberto Saviano: “Nessuno è mai morto per uno spinello”, “una canna non fa male a nessuno ed è meno dannosa di un bicchiere di vino”, “è una sostanza naturale”, “sono molto più nocivi alcool e tabacco della cannabis”,… sono alcuni degli slogan che gli antiproibizionisti usano nella campagna per la depenalizzazione delle cosiddette droghe leggere che, oltre a puntare su presunti benefici terapeutici nella cura di malattie che impressionano l’immaginario collettivo, vogliono anche rimarcare l’assoluta innocuità per la salute, di un consumo puramente voluttuario. Vediamo, allora, se è vero che “le canne non fanno male” andando a controllare ciò che dicono studi e ricerche scientifiche. |
All Rights Reserved
Categorie
All
Archivio
May 2021
|