L’intervista è avvenuta a ridosso dell’approvazione del “Pain-Capable Unborn Child Protection Act” da parte della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, la legge che protegge dall’aborto i bambini non nati in grado di provare dolore che, di fatto, proibisce l’aborto dopo la 20ma settimana di gestazione, perché è scientificamente provato che a questo stadio dello sviluppo il bimbo sente dolore durante l’aborto. È appunto questo l’argomento approfondito dal dott. Prentice durante l’intervista radiofonica della BBC.
Il circuito neuronale di attenuazione del dolore
La risonanza magnetica funzionale rivela: nei neonati dolore 4 volte più intenso
Ora, ritorniamo al bimbo nel grembo materno mandando “indietro l’orologio a cinque mesi dal concepimento: è appena oltre la metà dello sviluppo nell’utero della madre. Non ha ancora sviluppato minimamente la risposta di attenuazione del dolore… il dolore è quindi molto intenso. Non sappiamo esattamente quanto, ma molto più intenso rispetto a quello che potrebbe percepire un adulto”, pertanto, se fosse abortito, il bambino sentirà in maniera fortissima e amplificata tutto il dolore tremendo di quell’aborto.
Le motivazioni faziose e antiscientifiche degli abortisti
La chirurgia fetale
“Il più autorevole manuale di anestesia clinica – aggiunge Prentice -, dice chiaramente che questi piccolissimi bambini non nati possono provare dolore già a 16 settimane dal concepimento, sicuramente a venti settimane. Dice che questi piccoli bambini – per i quali usano il termine medico di ‘feto’ – sono dei pazienti ed è fondamentale somministrare direttamente loro l’anestesia”. Per i chirurghi fetali, infatti, il bimbo non nato non è un grumo di cellule, ma “il loro paziente numero uno”. E ancora: “Si tratta di piccolissimi pazienti, molto delicati che – come abbiamo detto – possono sentire il dolore con più intensità” rispetto agli adulti. È questo l’atteggiamento che deve essere loro riservato nella consapevolezza che “sono piccolissime persone con una dignità propria, che devono essere trattate con umanità”. Prentice comunica che “il reparto speciale di chirurgia fetale del Children’s Hospital di Philadelphia ha fatto più di 1.200 di questi interventi chirurgici” su bimbi non nati, e che oggi di questi reparti speciali “ce ne sono quasi una dozzina o più nei maggiori ospedali di tutto il Paese”. Si sta quindi sempre più “riconoscendo che questi sono pazienti e non elementi di scarto”.
La mission del Charlotte Lozier institute
La questione – conclude Prentice – “è che dobbiamo educare le persone sulla verità e sull’umanità di questi piccoli. Ne è passato di tempo da quei primi giorni bui in cui ci dicevano che era un grumo di cellule a oggi, dove l’ecografia morfologica 4D riesce a mostrarti il piccolo là dentro che sorride, fa cenni con le mani e le capriole. Insomma, è sorprendente. Voglio solo sottolineare che queste sono piccole vite. Che c’è umanità in questa piccola persona, e che dobbiamo concentrarci su questo e preservare quelle vite”.
Note:
P.S.
Le restrizioni di legge all’aborto, da parte della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, vanno tuttavia accolte con positività perché rappresentano un primo freno all’aborto sempre e comunque, stimolando la riflessione sull’umanità di questi piccoli e permettendo di salvare molti bambini che altrimenti sarebbero uccisi.