MALE MINORE e CONTRACCEZIONE ARTIFICIALE
Un altro ambito dove predomina il “male minore” è quello della contraccezione artificiale. Imbottire le donne di ormoni per anni - nel caso dei mezzi estroprogestinici (pillole, minipillole, anelli vaginali, cerotti transdermici, impianti sottocutanei…) - o procurare loro un’infiammazione permanente all’endometrio – nel caso della spirale (IUD) -, sono considerati il “male minore” rispetto al “male maggiore” di una gravidanza indesiderata e un conseguente aborto. Il “male minore” è chiamato in causa anche nell’uso del profilattico quale strumento di prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili (MST). Il “disturbo” al rapporto sessuale causato dal preservativo rappresenta il “male minore” rispetto al rischio di contrarre una malattia venerea (“male maggiore”).
Veniamo ora alla fatidica domanda: ha funzionato, almeno in questo ambito, la strategia del “male minore”? Ovvero: sono riusciti oppure no i contraccettivi artificiali a evitare gravidanze, aborti e malattie sessualmente trasmissibili? Ebbene, ancora una volta siamo costretti a ripeterci perché l’esito è sempre lo stesso: il male maggiore di partenza non è stato affatto prevenuto, anzi, si è riusciti perfino a peggiorarlo, sia con una sua più massiccia diffusione, che con la nascita di nuove gravi conseguenze. La risposta alla domanda quindi è no, non ha funzionato: la scelta del “male minore” ha mostrato ancora una volta tutta la sua natura fallimentare.
Come prima cosa si deve osservare che tutti i contraccettivi estroprogestinici (compresa la spirale di tipo ormonale) hanno molti effetti collaterali, anche gravi, sulla salute della donna, che vanno da nausea, vertigini, mal di testa, anomalie del ciclo mestruale, spotting, dolore al seno… a sbalzi d’umore, depressione, aumento di peso, ipertensione… fino a conseguenze pericolose e letali come trombosi, infarto, ictus, tumore al fegato e al seno… L’Agenzia nazionale francese del farmaco (Ansm) ha rilevato che la pillola causa ogni anno più di 2.500 incidenti legali alla formazione di grumi di sangue nelle vene, e ha reso noto che ogni anno in Francia avvengono in media 20 decessi prematuri, 14 dei quali attribuibili alle pillole di terza e quarta generazione.
La dottoressa Angela Lanfranchi della Robert Wood Johnson Medical School del New Jersey, ha comunicato che dal 1973, l’uso della pillola ha fatto aumentare del 660% il cancro al seno non invasivo, e ha reso noto che, nel 2005, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha classificato i contraccettivi ormonali come agenti cancerogeni del gruppo 1, al pari di amianto e radio. La dottoressa ha quindi riportato tre studi che confermano l’associazione tra pillola e cancro mammario: la Mayo Clinic ha riscontrato un aumento del 50% del rischio di cancro al seno per le donne che assumono contraccettivi orali per quattro o più anni, prima di aver portato a termine una gravidanza; il Fred Hutchinson Cancer Research Center ha rilevato che le donne che iniziano a prendere la pillola prima dei 18 anni, quadruplicano il rischio di carcinoma mammario triplo negativo; l’oncologo svedese Hakan Olsson ha constatato che, l’uso della pillola prima dei 20 anni, aumenta il rischio di cancro al seno di oltre il 1.000 per cento.
“Va segnalato che la spirale può riservare alla donna la brutta sorpresa di non riuscire ad avere alcuna gravidanza, qualora decidesse di sospenderne l’uso. La spirale è sconsigliabile alle adolescenti e alle donne che non hanno ancora partorito, mentre possono usarla le donne che hanno già avuto dei figli”
L’assunzione di farmaci o il sottoporsi a determinate cure si basa, solitamente, sul bilanciamento costi-benefici: prendo l’antibiotico per curarmi l’infezione, anche se so che mi causerà degli effetti collaterali (mal di stomaco, affaticamento, ecc.); accetto le conseguenze della chemioterapia perché mi consente di curare il cancro. In questi casi, infatti, trattandosi di mali fisici è lecito scegliere il male minore. Invece, con i contraccettivi artificiali, la donna viene gravata da pesanti e pericolosi effetti sulla salute, non per curare chissà quale malattia, ma per bloccare forzosamente un delicato processo naturale femminile: la fecondità. Un blocco che, peraltro, nessun contraccettivo tra quelli attualmente disponibili è in grado di garantire in maniera totale, perché l’anticoncezionale efficace al cento per cento non è ancora stato inventato.
L’effetto abortivo aumenta se l’anticoncezionale è assunto in modo irregolare. La pillola ormonale, per esempio, mantiene la sua alta efficacia solo se è assunta ogni giorno alla stessa ora. Se un giorno ci si dimentica di prenderla, o se non è stata assorbita dall’organismo (per es. il soggetto ha vomitato dopo averla ingerita) i suoi effetti sul sistema riproduttivo si riducono. Inoltre, studi condotti sui progestinici “deposito” (iniezioni intramuscolari, anelli vaginali, impianti sottocutanei, cerotti, spirale ormonale,…) hanno rilevato che la loro azione antiovulatoria tende a ridursi nel tempo, comportando una ripresa delle ovulazioni addirittura nel 50% dei cicli, con conseguente aumento dell’abortività.
Analisi eseguite sull’azione dell’LNG hanno mostrato che se la pillola del giorno dopo è assunta tra il 9° e il 15° giorno del ciclo ovarico, ha una probabilità di bloccare l’ovulazione solo del 17,7%, mentre se è assunta tra l’11° e il 19° giorno la probabilità di bloccarla arriva al massimo al 23,5%. Un altro studio condotto su 6 donne alle quali è stato somministrato l’LNG 750 in fase periovulatoria, ha rilevato che l’ovulazione si è verificata in 4 di esse.
Oltre ai limiti di efficacia antiovulatoria e all’effetto letale sull’embrione, entrambe le pillole “di emergenza” hanno pure pesanti ripercussioni sulla salute della donna. La “pillola del giorno dopo” è una vera e propria bomba ormonale con numerosi effetti collaterali, tra i quali: nausea, vomito, dolore addominale, cefalea, capogiri, affaticamento, dolore mammario, diarrea, sanguinamento uterino, mestruazioni abbondanti… Vi sono poi effetti indesiderati comuni, come perdite ematiche e alterazioni del ciclo mestruale: in particolare, il 15% delle donne rileva un anticipo del ciclo, il 15% un ritardo di 3-7 giorni e il 13% un ritardo superiore a 7 giorni. L’assunzione ripetuta di questa pillola, molto diffusa tra le giovanissime, è in grado di compromettere l’equilibrio endocrino, inoltre, a causa del suo effetto sulle tube di falloppio, accresce il rischio di gravidanza extrauterina di 2,5 volte.
Degli effetti simili si verificano anche con l’assunzione di EllaOne, dove il 10% delle donne manifesta mal di testa, nausea e dolori addominali. Tra gli altri effetti collaterali si registrano: disturbi dell’umore, capogiri, dolori diffusi, tensione al seno, vomito, affaticamento, mal di schiena… e alterazioni del ciclo mestruale: nel 7% delle donne le mestruazioni si sono presentate con un anticipo di oltre 7 giorni, nel 18,5% vi è stato un ritardo di più di 7 giorni e nel 4% delle donne il ritardo ha superato i 20 giorni. Anche in questo caso, l’uso ripetuto della pillola desta serie preoccupazioni poiché EllaOne, alterando la maturazione secretiva dell’endometrio, lo rende meno funzionale.
Studi in microscopia elettronica delle membrane in lattice hanno scoperto che c’è una relativa permeabilità a microsfere di dimensione superiore a quella dell’HIV in 6 condom su 69 testati. In altre parole, il virus dell’Aids, essendo piccolissimo, riesce con facilità a oltrepassare la membrana del preservativo e quindi a diffondere il contagio. Una ricerca citata su Family Planning Perspective, condotta da Margaret Fishel su coppie sposate dove uno dei due partner era sieropositivo, ha rilevato che l’uso del preservativo ha prodotto l’infezione dell’altro partner, nel giro di un anno e mezzo, nel 17% dei casi. Mentre, il Centers for Disease Control and Prevention ha recentemente reso noto che negli Stati Uniti gli uomini omosessuali coprono il 61% delle nuove infezioni da HIV nonostante essi siano solo il 2% della popolazione.
Il fallimento del preservativo come mezzo di prevenzione dai contagi dalle malattie di natura sessuale è particolarmente evidente in Africa, dove la distribuzione a tappeto di condom non è affatto riuscita a invertire il segno delle epidemie più gravi. Matthew Hanley, ricercatore in Sanità Pubblica alla Emory University di Atlanta (USA), ha osservato in una relazione che nell’Africa sub-sahariana, negli ultimi dieci anni, si sarebbero potute evitare 6 milioni di infezioni se invece di promuovere l’uso del preservativo fosse stato incentivato l’approccio cattolico di fedeltà e astinenza. In Uganda, per esempio, tra il 1991 e il 2001 si è verificato un calo del 10% dei casi di Aids dopo che si è investito sui programmi di astinenza. Mentre i tassi hanno ripreso a salire quando le agenzie straniere che elargiscono i fondi hanno insistito e ottenuto che fossero di nuovo impiegati per la distribuzione dei condom.
Il dottore Marijo Zivkovic, direttore del Centro per la Famiglia di Zagabria, ha osservato che la massiccia diffusione di profilattici si basa sull’illusione che con il condom si possa fare “sesso sicuro”, mentre in realtà si stanno favorendo la frequenza e la diffusione di “rapporti a rischio infezione”. “Bisogna dire chiaramente – ha detto Zivkovic – che anche usando il condom ogni persona rischia di essere infettata dall’HIV”. La sessuologa Helen Singer-Kaplan ha scritto nel suo libro “The real truth about women and Aids” che “contare sui preservativi è flirtare con la morte”. Il professore Stephen Genuis, dell’Università canadese di Alberta, ha precisato che “il preservativo non può essere considerato come la risposta definitiva al contagio sessuale perché esso assicura una protezione insufficiente contro la trasmissione di molte malattie comuni”. A San Francisco, per esempio, nonostante l’enorme disponibilità di preservativi gratuiti e ore di educazione al “sesso sicuro”, le malattie veneree invece di arrestarsi continuano a salire, come ha reso noto il San Francisco Department of Public Health: “Nel 2011 i dati preliminari sulle malattie a trasmissione sessuale segnalati mostrano gli aumenti per la clamidia, la gonorrea e la sifilide precoce”.
Perché accade tutto questo? Vale a dire: perché a una maggiore diffusione del profilattico corrispondono livelli più alti di contagio da MST? Perché il senso di sicurezza veicolato con l’uso dei contraccettivi porta le persone a incentivare l’attività sessuale e i comportamenti a rischio, i quali, uniti alla fallacia e ai limiti dei metodi stessi, danno vita a questo paradosso: lì dove la propaganda al “sesso sicuro” è più martellante e dove l’uso della contraccezione (standard e “di emergenza”) è più diffusa, si registrano sia più contagi da malattie sessualmente trasmissibili, che più gravidanze indesiderate e aborti.
E non solo, visto che le malattie sessualmente trasmissibili possono provocare anche infertilità e sterilità, lì dove aumentano i contagi da MST, aumentano anche i casi di infertilità e sterilità sia maschile che femminile. Ma infertilità e sterilità sono associate anche all’uso della spirale e dei contraccettivi ormonali. L’azione costante di irritazione della parete uterina – nel caso della spirale - e le modificazioni della flora batterica vaginale - operata dai metodi ormonali -, determinano infiammazioni e maggiore vulnerabilità all’azione di virus e batteri, per cui, lì dove è maggiore l’uso di tali metodi, vi è anche maggiore predisposizione al contagio da MST e più rischio all’infertilità e alla sterilità. Questi sono i “formidabili” risultati delle politiche del “male minore”!
Tra le malattie a trasmissione sessuale non vi è solo l’Aids, risultano infatti in aumento – soprattutto nella fascia giovanile - la Clamidia, l’herpes genitale e le infezioni di Papillomavirus (HPV). Ma si stanno anche diffondendo malattie che parevano scomparse da tempo, come la sifilide e la gonorrea. In Europa gli aumenti più vertiginosi si sono registrati proprio nei Paesi dove le politiche al “sesso sicuro” sono martellanti e la contraccezione è molto diffusa: l’88% dei casi di infezione da MST si concentra in Svezia, Norvegia, Gran Bretagna e Danimarca.
Il biologo Manuel Pensis, referente del laboratorio di andrologia presso il centro svizzero ProCrea, inserisce l’HPV tra le malattie a trasmissione sessuale che con più frequenza causano infertilità maschile: il papillomavirus può infatti provocare astenozoospermia, cioè ridotta o assente mobilità degli spermatozoi: una causa frequente di infertilità nell’uomo.
Infertilità e sterilità nella donna sono anche provocate - come abbiamo già accennato -, dall’uso della spirale e dei contraccettivi ormonali, sia per effetto dell’azione irritante provocata dalla spirale, che a causa della modificazione della flora batterica vaginale causata dai metodi ormonali, forieri di fatti flogistici e maggiore vulnerabilità al contagio da MST. Questi metodi contraccettivi possono, inoltre, provocare infertilità e sterilità anche a seguito della loro azione di blocco dell’ovulazione. Il giorno che la donna sospenderà l’assunzione di ormoni extra perché desidera una gravidanza, corre il rischio di dover aspettare mesi, un anno, o anche di più, prima che l’apparato riproduttivo ritorni alla sua normale fertilità dopo tanto tempo di forzoso blocco chimico. Ma, ancor peggio, può succedere che questo blocco protratto negli anni comprometta gravemente la fecondità, pregiudicandole per sempre la possibilità di diventare madre.
Uno studio realizzato in Spagna, pubblicato sulla rivista medica Contraception, che ha preso in esame le donne spagnole in età fertile nel periodo 1997-2007, ha rilevato un aumento complessivo dell’utilizzo dei metodi contraccettivi dal 49,1% al 79,9%. In particolare, l’uso del preservativo è passato dal 21% al 38,8%, mentre l’impiego della pillola ormonale dal 14,2% al 20,3%. Ebbene, se i metodi contraccettivi funzionassero, si sarebbe dovuta verificare una diminuzione delle gravidanze indesiderate e quindi degli aborti, invece è accaduto esattamente il contrario con il tasso di abortività che è addirittura raddoppiato, passando dal 5,52 all’11,49 per mille.
Lo stesso risultato si è avuto in Svezia, nazione notoriamente all’avanguardia in termini di educazione sessuale tra i giovani e dove la pillola “del giorno dopo” si può acquistare senza ricetta già dal 2001. Ebbene, la Svezia ha un tasso di abortività ancora più elevato di quello spagnolo: 22,5 per mille. L’aumento del numero degli aborti si è verificato proprio in concomitanza all’esplosione delle vendite di pillole “del giorno dopo”, che nel periodo 2000-2007 sono raddoppiate in tutto il Paese e triplicate nella capitale Stoccolma. In quello stesso periodo il numero delle interruzioni di gravidanza è cresciuto del 20%, passando da 30.980 (dato del 2000) a 37.205 (dato del 2007). Solo nella Capitale, nel 2007, gli aborti sono stati 10.259, pari a un aumento del 6,9% rispetto solo all’anno prima.
Anche in Scozia, nonostante le forti spinte all’uso della pillola “del giorno dopo” per prevenire gravidanze indesiderate e aborti, le interruzioni di gravidanza continuano a salire, facendo registrare un aumento anche delle recidive. Secondo il rapporto del British National Health Service, nel 2007 gli aborti in Scozia sono aumentati del 4% rispetto all’anno prima, e più di 1 donna su 4 (il 26,3%) aveva già abortito almeno una volta in precedenza.
Pure la Francia, patria della contraccezione artificiale, non è immune al paradosso della contraccezione. In questo Paese il 95% delle donne sessualmente attive che non desidera una gravidanza usa la spirale o la pillola ormonale; la pillola “del giorno dopo” si può acquistare senza ricetta e le ragazzine la ricevono gratuitamente (solo nel 2010 ne sono state vendute 1 milione e 100mila confezioni); i giovani sono sottoposti a 40 ore obbligatorie all’anno di educazione sessuale. Ebbene, proprio in Francia, non diminuisce mai dal 1975 la cifra media di 227mila aborti all’anno. Nel 2007 il tasso di abortività delle ragazze tra i 15 e i 19 anni è stato del 15,6 per mille e il tasso delle malattie sessualmente trasmissibili del 3,9%.
Nel 2009, il British Medical Journal ha pubblicato uno studio realizzato su un gruppo di 446 giovani a rischio, riscontrando un tasso di abortività tra le ragazze fino a 19 anni del 23 per mille. I ricercatori hanno anche scoperto che, le ragazze che avevano partecipato a un corso di educazione alla contraccezione, avevano un tasso di gravidanze 3,5 volte più alto rispetto alle coetanee che non avevano frequentato le lezioni. David Paton, esperto di bioetica e professore di Economia Industriale alla Nottingham University Business School, si è così espresso, in una conferenza a Belfast, a proposito delle politiche sul “sesso sicuro” del Governo inglese:
“Si vuole sostenere che garantire agli adolescenti un accesso riservato ai servizi di pianificazione familiare e aborto avrebbe avuto un impatto positivo sulla gravidanza adolescenziale e i tassi di aborto. Tuttavia, invece, si può dimostrare che la conseguente riduzione della percezione del rischio porta a un incremento dei comportamenti a rischio, che combinati con il fallimento contraccettivo, non fanno altro che aumentare il tasso di gravidanze adolescenziali”.
Ancora nella fascia giovanile risulta in aumento in Italia l’utilizzo della pillola “del giorno dopo”, più della metà delle acquirenti ha infatti meno di vent’anni. Dal 2000 al 2007 le vendite sono aumentate del 59%, con un picco annuo di 370mila confezioni, che corrisponde a una media di mille scatole al giorno. Tuttavia, anche se prendiamo il dato italiano più alto (370mila confezioni annue) e lo confrontiamo con i dati delle altre nazioni europee, per esempio con il milione e 428mila confezioni usate in Inghilterra nel 2008, o il milione e 100mila confezioni comprate dalle francesi nel 2010, si vede che l’emergenza “pillola del giorno dopo” si trova altrove.
Nella stessa fascia d’età in cui si rileva un aumento dell’uso della pillola “del giorno dopo”, si registra puntuale anche l’aumento del tasso di abortività: nel 2010 il tasso di abortività delle minorenni (15-17 anni) è salito fino al 4,5 per mille. Tuttavia, nonostante l’aumento degli aborti tra le giovanissime, il tasso di abortività delle donne italiane in età feconda (7,8 per mille nel 2011) si situa – al pari di quello relativo alle MST - tra i più bassi d’Europa.
La situazione italiana conferma, in sostanza, il paradosso della contraccezione. In Italia la contraccezione non è così diffusa e reclamizzata come nei Paesi europei che hanno i tassi più elevati, le donne italiane che fanno uso della pillola estroprogestinica sono appena il 16%, una percentuale tra le più basse in Europa. I giovani italiani non hanno l’obbligo di frequenza a corsi di educazione sessuale e la pillola del giorno dopo si può avere solo dietro presentazione di ricetta medica. Tutto questo riesce a contenere, rispetto agli Stati che hanno politiche più liberali, il ricorso all’aborto e le infezioni per via sessuale. Ciò non toglie che non si debba lavorare, a livello politico e culturale, per fare meglio, abbandonando la logica del “male minore” e ricominciando a promuovere il bene, soprattutto nella fascia d’età che ha tutti i parametri in crescita, quella dei nostri giovani, che rischiano di compromettere la propria fertilità e genitorialità futura.
Dopo averlo di nuovo accertato, dobbiamo ancora una volta ribadirlo: promuovere il “male minore” significa lavorare per l’espansione del male fino al suo trionfo completo.